I primi studi dei fenomeni risalgono probabilmente al filosofo greco Talete (600 a.C.), che studiò le proprietà elettriche dell'ambra, la resina fossile che se viene sfregata attrae altri pezzetti di materia: il suo nome greco era elektron (ἤλεκτρον), e da questo termine deriva la parola «elettricità». I greci antichi compresero che l'ambra era in grado di attrarre oggetti leggeri, come i capelli, e che un ripetuto strofinio dell'ambra stessa poteva addirittura dare origine a scintille.
L'interesse per il fenomeno dell'elettricità si diffuse come curiosità e gioco nei salotti settecenteschi e come immaginario e rivoluzionario metodo di cura. Nel contempo proseguivano gli studi scientifici: Stephen Gray nel 1729 studiò la conducibilità dei corpi, e i termini conduttore e isolante furono introdotti da Jean Theophile Desaguiliers nel 1740.
Nel giugno del 1752, Benjamin Franklin, a compimento delle sue indagini e teoria sui fenomeni elettrici, condusse il celebre e pericolosissimo esperimento dell'aquilone durante un temporale. A seguito di questi esperimenti, Franklin inventò il parafulmine e stabilì la relazione sussistente tra il fulmine e l'elettricità.
Nel frattempo, nel 1766, Joseph Priestley ipotizzò che la forza di attrazione tra due corpi fosse inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza e scoprì che la carica elettrica si distribuiva in modo uniforme su una superficie sferica. Tra il 1785 e il 1791, Charles Augustin de Coulomb, utilizzando una bilancia di torsione (uno strumento con cui misurare la forza del campo elettrico) riuscì a dimostrare sperimentalmente ed enunciare, indipendentemente da Priestley, la medesima legge, conosciuta quindi come legge di Coulomb.
In Italia:
Luigi Galvani osservò delle contrazioni muscolari nelle zampe di una rana a contatto con un conduttore metallico e ipotizzò la presenza di un'elettricità animale in due opere pubblicate nel 1791 e nel 1794. Alessandro Volta, si occupò inizialmente dell'elettricità statica: entrato in corrispondenza con il Beccaria, si oppose alla sua spiegazione dell'elettricità vindice, ritenendo invece che il contatto dei corpi non annulla l'energia, ma solamente il suo segno positivo o negativo. Volta polemizzò inoltre con Galvani, ipotizzando che l'elettricità animale derivasse piuttosto dal contatto con due metalli diversi: sulla base di questa idea, nel 1799 Volta inventò la pila, che inizialmente chiamò apparato elettromotore. La pila di Volta fu il primo generatore statico di energia elettrica.